Quello che Facebook ha copiato dagli altri

Cosa ha copiato Facebook dagli altri

In principio fu solo una bacheca in cui tutti pubblicavano un po’ di tutto.

Dopo arrivò l’edge rank (fino al 2011), poi machine learning a farci vedere, a affinare, i contenuti che vediamo dagli utenti che seguiamo, o con cui siamo connessi.

Fine delle evoluzioni tecnologiche di Facebook.

Già perché poi arrivarono la privacy dei post, ma soprattutto delle foto, sulla base specifica di persone da selezionare (punto centrale di Google+) nata anche sulla spinta delle critiche alla gestione della privacy. Da Google+ copiò anche il riconoscimento facciale delle persone che comparivano nelle foto.

Arrivò poi l’uso degli hashtag (c’è qualcuno che li usa su Facebook?!?) copiato dall’allora più interessante Twitter e siamo nel 2013.

Nel frattempo Snapchat prendeva piede in USA e gettava le basi per una nuova grammatica dei Social Media. Video in verticale, concatenazione di frammenti di foto, video e testi che fanno una “Storia” e soprattutto la temporanea esistenza dei contenuti. Massimo 24 e poi via, sparisce tutto.

Questo meccanismo è diventato così pervasivo tanto da dare vita a un nuovo comportamento studiato dal marketing: il FOMO (fear of missing out). La paura di perdere un contenuto, un aggiornamento della nostra star preferita, o il dietro le quinte del nostro spettacolo preferito.

Una vera e proprio dipendenza dallo strumento, o meglio dal media.

Come non ricordare poi l’integrazione su Instagram dei video così come faceva Vine, sempre di Twitter peraltro? (come anche l’inserimento delle stesse “Storie” a la Snapchat).

Ma anche Foursquare (chi se lo ricorda?!) con l’inserimento di Facebook Places e, ultimamente, anche Slack con l’inserimento delle reazioni all’interno della chat e la possibilità di taggare i partecipanti a chat di gruppo.

La cosa bella? Che per le leggi del copyright, essendo gli sviluppi leggermente diversi, non coprono chi viene copiato.

Chapeau.

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