Tra le novità di questa estate una molto social, molto tech e molto geek è stata l’uscita del nuovo social media di casa google. Subito “snobbato” perché dopo facebook, twitter, linkedIn, foursquare, youtube, flickr, sembrava davvero troppo avere (e gestire) anche G+.
Sono bastati però un paio di confronti con chi già lo usava, chi già, per un motivo o l’altro, era entrato un po’ nei suoi meccanismi e devo dire mi sono dovuto ricredere.
Quello che mi piace
Le cerchie. Ok, non hanno un bel nome, ma sono (erano, visto l’aggiornamento di facebook) l’antidoto a quella che Riva chiama “identità fluida”, quel processo cioè che vede la nostra identità soggetta all’interpretazione dei nostri contatti sulla base di quello che viene scritto nella nostra bacheca personale. Questo può comportare la definizione di una immagine della persona distorta: pensate al vostro miglior amico/a che vi “offende amichevolmente” in pubblico. Chi conosce il rapporto tra voi e la persona che vi scrive capirà che è un simpatico scambio di battute; ma chi non sà nulla voi e il vostro amico/a probabilmente si farà qualche domanda in più sulla vostra persona (l’esempio è estremizzato per rendere l’idea).
Grazie alle cerchie infatti posso scrivere messaggi indirizzati ad una determinata categoria di persone (amici; familiari; colleghi); così seleziono cosa dire e a chi. Il fatto poi che adesso lo faccia fare anche facebook dimostra forse quanto necessaria sia questa possibilità.
Inoltre una soluzione così eviterebbe la creazione di più account per soddisfare le richieste di informazioni specifiche per un pubblico specifico. Una frammentazione di account (e di comunicazione) tipo quella adoperata da mashable (o altre realtà come la Regione Toscana su twitter con i suoi diversi profili) da me peraltro auspicata parlando delle realtà editoriali, ma che grazie all’uso di G+ può venir meno.
Le foto. Più in generale il sistema di condivisione che coinvolge tutti i contenuti: come detto scelgo ogni volta io con chi condividere le informazioni. Le foto però meritano due righe a parte perché mi piace molto (anche se è davvero geek ;)) la possibilità di inserire filtri alle immagini che vengono caricate. Una palese copia di quello che già fanno instagram per iPhone e picplz per Android (quest’ultimo permette anche l’upload delle foto dal computer), rimane comunque una funzione molto apprezzata 🙂
La versione mobile. Qui arriviamo alla parte più interessante (almeno secondo me!) di G+. Nella sua versione mobile infatti permette di vedere chi sta condividendo, scrivendo commenti o postando foto nelle vicinanze. Potrei venire a sapere di un evento proprio perché vedo gli update di persone vicine; oppure conoscere posti impensabili grazie all’upload di foto o indicazioni date dagli operatori del luogo (pensate al turismo).
Insomma quest’ultimo è il servizio che più mi pare abbia potenzialità tra tutti, anche se via mobile non è possibile applicare filtri alle foto.
Rispetto per la privacy, anche degli altri. Come detto posso impostare la visualizzazione dei miei post a chi voglio, ma G+ è sensibile anche alle scelte degli altri:
Quello che non mi piace
Cerco un centro di gravità permanente. Dove faccio il login su G+? Ogni volta devo scrivere plus.google.com nella barra degli indirizzi? No, non ci siamo, per me dovrebbe avere una interfaccia a sé, uno spazio suo, una stanza (anche) separata da gmail. Seguendo questa logica dovrebbe permettere anche a chi non ha un indirizzo gmail di accedere e avere un profilo proprio (non mi sembra sia già possibile, magari lo sarà successivamente).
Tra facebook e posta elettronica. Il sistema di condivisione mi pare molto simile a facebook, nel senso che ho la “home” e il “profilo” proprio come con il social di Zuckerberg, c’è la possibilità di taggare le persone, inserire foto proprio come un buon social media dovrebbe fare.
Per finire peccato per l’indirizzo! Il mio profilo è https://plus.google.com/u/0/111637021362102321830.
Non si può guardare!
Ecco queste sono le prime impressioni che ho avuto dall’utilizzo di G+ per un periodo di tempo breve, ma intenso (poche settimane). Se il progetto resisterà (ricordo le meteore Wave e Buzz) penso gli dedicherò altro tempo, altre osservazioni. Per ora potenzialmente mi piace. Mi aspetto, come molti altri, spazi aziendali e spero nel miglioramento di quanto scritto sopra.
Qui invece se vi va trovate alcune critiche molto più serie delle mie 😉